08 julio 2022

Ciò che veramente accadde

Daniela Amadori



La donna mi guarda con i suoi occhi di un azzurro slavato. E’ curva sotto il peso degli anni.

Sono sempre stata bionda” mi dice: “Snella. All’epoca non ero male per i miei 17 anni, ma non me ne accorgevo”.

Non faccio fatica a crederle: di fotografie ne ho viste tante. “Signora, perché dopo tutti questi anni di silenzio, ha scelto proprio questo momento per accordare a me un’intervista?”

Sebbene ciò che è accaduto abbia segnato per sempre la mia vita, solo ora che l’età tarda me lo consente, ne parlo per fissare ogni cosa al suo posto, senza particolari emozioni, senza rabbia, perché ho smesso di portare rancore e perché voglio che si sappia la mia verità. E poi lei è troppo giovane per ricordare… non ha pregiudizi.”

Le sorrido: forse ero giovane per ricordare ciò che accadde, ma ho letto e studiato molto e mi sono preparata bene a questa intervista. “Allora iniziamo. Mi dica le cose dal suo punto di vista!” Inizia a raccontare in modo introspettivo e decido di interromperla il meno possibile.

Studiavo al liceo, ma amavo il violino. Mancava poco per diplomarmi in questo prestigioso strumento. Sognavo concerti in giro per il mondo, partecipazioni in orchestre internazionali: diventare primo violino al Concerto di Capodanno a Vienna… Ai miei genitori i mezzi e le conoscenze per “aprirmi la strada alla celebrità” non mancavano.

Anche il mio fratellino più piccolo, avrei scoperto più tardi, aveva una vena artistica: scriveva storie intriganti, accompagnate da fotografie originali e coinvolgenti, ma a quell’epoca aveva solo 15 anni.

Chi era veramente al centro di tutta l’attenzione e l’ammirazione della famiglia, però, era il fratello maggiore.”

Intende Vittorio?”

Sì! Vittorio: alto, occhi dallo sguardo profondo e accattivante, capelli neri, con i riccioli sempre fuori posto. Tanto che le ragazze che lo incontravano penso avessero l’innato desiderio di affondarci le mani per risistemarglieli come si fa con un barboncino, sperando di riceverne coccole e fedeltà..

-Come sei fortunata! - Dicevano le mie amiche quando veniva a prendermi a scuola in moto. - Avere in casa un così bel ragazzo e non dover aspettare che si innamori perché si prenda cura di te! - Questo mi faceva ridere, ma anche mi riempiva di orgoglio.

Anche i miei genitori lo adoravano: era il primo figlio, quello più bello, quello veramente intelligente: - Prendete esempio da Vittorio! - Dicevano al mio fratellino e a me. - Vittorio sì che non ha grilli per la testa, lui studia seriamente per diventare ingegnere. Lui è l’unico con la testa sul collo, è lui che ci darà le vere soddisfazioni.- Questo mi rendeva un po’ gelosa, ma solo un po’.”

E Vittorio come rispondeva? Non si sentiva a disagio davanti a tutti questi elogi?”

Vittorio non rispondeva: era riservato, prudente, schivo. Almeno così pensavo io.

Aveva pochi amici, selezionati. Venivano spesso a casa nostra nel pomeriggio e si chiudevano in camera sua. Diceva che studiavano per gli esami. Nessuno sapeva realmente cosa e come facessero, ma gli esami li dava, eccome se li dava! E prendeva quasi sempre il massimo dei voti. Era bravo soprattutto in fisica e in chimica. Cosa si poteva chiedere di più?”

A lei piacevano i suoi amici? Erano gentili?”

A me ne piaceva soprattutto uno. Si chiamava Luigi: era allampanato, con una zazzera di capelli rossi ed uno sguardo simpatico.

A volte sognavo ad occhi aperti che si accorgesse di me, che mi prendesse in disparte, senza che mio fratello se ne accorgesse, e mi chiedesse di uscire…

Quale fu la mia sorpresa il giorno in cui davvero, uscendo dalla camera di Vittorio, mi prese in disparte. Avevo il fiato sospeso e immaginavo…

- Sofia - mi disse: - Ho bisogno di un piacere e penso che tu sia la persona ideale per farmelo.-

Non era proprio ciò che mi aspettassi… ma risposi prontamente che ero a sua disposizione.

- Vedi -, continuò: - mia sorella ha avuto una bambina, Matilde, e ha bisogno di tornare a lavorare il prima possibile. Vorrebbe che le tenessi io la piccola, ma, almeno il pomeriggio, io ho bisogno di studiare. Se io la portassi qui, potresti occupartene tu?

Questa richiesta mi intenerì, il mio immaginario si scatenò e, nonostante non avessi più l’età per giocare, mi vidi già nelle vesti di “mamma” con una nuova bambola. Accettai.

La bimba era bellissima, paffuta e sorridente. La più parte del tempo dormiva nella sua carrozzina o mi ascoltava mentre mi esercitavo al violino: pareva le piacesse. A metà pomeriggio Luigi la portava in camera di Vittorio, la voleva cambiare lui, e poi me la riportava perché le dessi il biberon. Verso le 18,30 lo zio riportava la bimba alla mamma che, nel frattempo, tornava dal lavoro. Era una routine deliziosa.

Durò a lungo questa routine?”

Circa tre mesi. La primavera era ormai inoltrata, il tepore si faceva sentire e gli alberi erano in fiore. Luigi mi disse che la sorella avrebbe terminato prima il lavoro, quel pomeriggio: -Potresti, dopo la pappa, uscire con Matilde e, magari passando per il giardino così prende un po’ di aria buona, portarla a qui? E’ dove abita - Presi il foglietto che mi stava porgendo. C’era un indirizzo scritto sopra. Aveva uno strano odore quel biglietto… lo stesso profumo che sentivo sempre addosso a Luigi quando prendeva Matilde e se ne andava.

Mi sentii così fiera che mi avesse chiesto di fare una cosa di tale responsabilità! Alle 16,30 come sempre, Luigi cambiò la piccola in camera di mio fratello, io le diedi la pappa e poi uscii.

- Vieni piccolina! Andiamo al parco! - Matilde seguiva la mia voce e mi rispondeva con tanti deliziosi versetti. Quando giunsi all’indirizzo scritto nel biglietto, vidi un palazzo dall’aria decadente. Suonai e mi aprì la portinaia - Lei è Sofia? La ragazza di Luigi? - Arrossii. Non me l’aspettavo. Balbettai: - Nnnno no, sono solo un’amica! –

- Va bene non sono affari miei! Comunque, signorina, la mamma di Matilde non è ancora rientrata. –

- Allora la riporto da Luigi - dissi. - No, mi ha telefonato dicendo che può lasciare a me la bambina - La guardai perplessa. Potevo veramente fidarmi? Come se mi avesse letto nel pensiero aggiunse: - Se non si fida può chiamare a casa sua e chiedere di Luigi. Lo conosco da quando era piccolo.-“

E lei cosa fece?”

Non mi fidai e telefonai. Mi disse di lasciare la bimba a quella donna. Così feci”.

Ricorda ancora che giorno era?”

Sì! Ricordo ancora la data, perché il giorno dopo scoppiò una bomba in uno dei punti strategici della città. Fece decine di morti. Per me era un fatto di cronaca come tanti altri.

Papà invece non si dava pace: - Questi maledetti terroristi - diceva, - nessuna idea politica può giustificare l’omicidio. In fondo sono dei codardi, che si uniscono per ammazzare perché non sanno parlare. Sono privi di intelligenza, di cultura e hanno avuto genitori che non hanno saputo educarli - In casa nessuno replicava…”

Cosa accadde in seguito?

Sembrava che nulla potesse portare ai colpevoli di quella tragedia, ma poi fu ritrovato un pezzo di stoffa in fibra di cotone e gli esperti dissero che poteva avvolgere la bomba o farne da appoggio. Avrebbe potuto essere il lenzuolino di una carrozzina. Il lenzuolino di una carrozzina…

Dopo qualche giorno, alle 5 del mattino, la polizia ci svegliò con i mitra spianati. Mio fratello fu arrestato e non tornò più a casa per molti, molti anni. Fu dimostrato che la bomba era stata fabbricata in casa nostra.”

Tace come assorta in un pensiero tutto suo, in un dolore che ancora la lacera ed io non riesco ad intervenire. Poi si riprende e continua.

I miei genitori spesero tutti i nostri averi per aiutare quel figlio. La carriera mia e del fratello più piccolo fu rovinata per sempre: nessuno voleva qualcuno con il nostro cognome. Alla fine ho fatto un lavoro modesto e sono riuscita a sposarmi perché mio marito si era innamorato di me aldilà della mia famiglia”.

Ha mai rivisto la piccola Matilde?” Chiedo a mezza voce, con delicatezza, perché so che è un argomento difficile, per lei, da affrontare

No! Fortunatamente nessun cadavere di bimbo fu mai trovato fra i rottami dell’esplosione, ma io non rividi più Matilde, nemmeno durante i processi. Insieme avevamo trasportato l’esplosivo da chi l’aveva prodotto a chi l’aveva posizionato. Insieme, senza saperlo, avevamo rischiato la vita.

Per molti anni ho odiato mio fratello per quello che aveva fatto, per quello che ci aveva fatto, per quello che, senza alcun scrupolo, aveva fatto a me! Ora non più. Ma non posso, non voglio dimenticare e una domanda mi perseguita: la mia piccola Matilde dove sarà? E poi… chissà…si sarà chiamata davvero Matilde?”

Mi guarda con un guizzo di curiosità che supera la tristezza che c’era nei suoi occhi fino a un attimo prima: “A proposito signorina Blanco… quando mi ha telefonato per chiedermi di fare quest’intervista, ho afferrato solo il suo cognome.. Qual è il suo nome cara?”

Matilde signora! Mi chiamo Matilde!”

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